Come se il tuo cuore lo vedessero tutti

C’è questa cittadina da qualche parte degli Stati Uniti dove la gente è rotta, non nel senso di lacero-contusa, ma proprio di rotta dentro. Dici: sono robot? No, sono rotti come siamo tutti quanti, che è la verità più vera di tutte.
La gente sono rotti perché tutti i pensanti c’hanno un dolore dentro, più o meno forte, che non sanno definire. E pure i non pensanti ce l’hanno, solo che non si accorgono che fa male.

Vabbè, il mio ovvio l’ho snocciolato, torniamo alla cittadina. Rotti siam tutti, quindi si suppone che lo siano anche nei paeselli accanto, ma magari uno è Springfield e gli abitanti soffrono in giallo e l’altro è Cabot Cove e gli abitanti smettono di soffrire uno al giorno. Ci sono molti modi.

Nel nostro caso, questi abitanti qui sono rotti come me e voi e il vostro vicino di casa, però si vede. Mica te lo dicono tutto il tempo quanto stanno male – ognuno per le cose sue – anzi sono parecchio zitti ma è come vederli rivoltati, il dentro fuori, double-face dalla parte del dolore.

Questi parlano poco ché ogni parola è uno slancio verso una finta felicità oppure un colpo di vanga a rimestare il dolore mal seppellito. E glielo leggi in faccia, nei movimenti, nelle azioni quotidiane che non ce la fanno proprio, che vorrebbero urlare ma non urleranno mai ché in società non si urla e ci si manda a cagare in silenzio, si beve forte e si fa finta di niente e di tutto.

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C’è una storia, alla base di tutto, un giallo abbastanza nero di uno che, ragazzino, s’è fatto uomo in tipo 20 anni di prigione per un delitto – lo stupro e omicidio della fidanzatina – che invece non ha commesso, quindi viene rilasciato, a caso ancora aperto, mettendo ovviamente a disagio tutti quanti, la cittadina intera.

E ci sono rancori, dubbi e felicità vari ed eventuali di tutti quelli più o meno coinvolti, famiglia, amici d’un tempo, polizia, famiglia della vittima e via così. E dici vabbè città piccola, scandalo grosso ovviamente non ci si riprende più. Eppure ti bastano venti minuti per capire che quell’espediente lì, il giallo che tiene su il racconto per anni, serve solo a scoperchiare un pentolone che ribolle di cose, sensazioni e solitudini che riguardano anche quelle città ridenti, di mare, dove si mangiano i granchi col burro e c’è un morto al giorno di cui ci si dimentica in mezz’ora. Qui i protagonisti hanno gli occhi spalancati di rabbia e paura e ci leggi tutto e tutto è chiaro in quei silenzi che quelli come me hanno amato in Mad men, un prodotto diversissimo che pure mi sembra l’esempio più vicino e rispettoso.

Chi l’ha detto che devo spoilerarvi solo i film. Rectify è arrivata alla terza stagione ed è una serie che dovreste proprio guardare, in quei giorni lì in cui siete più intelligenti del solito, più autoreferenziali anche, quando vi sentite un calzino al rovescio, con gli schifi tutti di fuori: c’è una cittadina da qualche parte negli Stati Uniti dove si sentono proprio come voi, e vorrebbero urlare ma non urlano, però si vede lo stesso che vi capirebbero e li capireste.

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