Perdutamente tua, The old maid, Che fine ha fatto Baby Jane.
Tre modi di essere zitella.
Una sola, immensa, Bette Davis.
Mi piacerebbe dire che non ha bisogno di presentazioni, Betty, ma temo che, nata nel 1908 e morta nel 1989, a qualcuno possa essere sfuggita.
Come al solito, per i dettagli non avete bisogno di me: se state leggendo siete in rete e se siete in rete potete assumervi l’impegno minimo di una ricerca su Google.
Era considerata brutta e allora non la scritturavano, ma era bravissima e alla fine ha vinto lei, in tutti i sensi, come dimostrano undici nomination e due premi Oscar.
Brutta, poi, non era davvero ma particolare, quello sì.
E lo so che particolare si dice della tizia con cui vogliono farvi uscire per un appuntamento al buio.
E lo so di norma che cosa significa… ma Bette, ecco, tornate su Google e vedete voi.
Credo abbia recitato in un centinaio di film e i ruoli in cui alla fine si ritrova senza un uomo sono più di tre ma questi sono i più significativi.
Sia chiaro: non è mia intenzione sostenere che la normalità della vita sia sposarsi e figliare e l’eccezione sia una fine solitaria; è però una costante di molta cinematografia, così il fatto che questi tre film ribaltino la situazione mi pare interessante.
The old maid, 1939, la trama secondo Wikipedia: Due cugine amano lo stesso uomo che muore in guerra. Una delle due si ritrova con una figlia illegittima, l’altra la soccorrerà adottando la piccola, e la vera madre si rassegnerà a fare la zia.
Ovviamente, the old maid, la vecchia zia zitella, è la nostra Betty, per un drammone one one in cui la figlia è antipaticissima e ingrata e Bette è cupa e infelice, e vorrei vedere!
Questo è il primo modo di rimanere sole: adeguandosi alle circostanze e costrette da una cappa di dolore. Non mi sento di consigliarvelo.
Che fine ha fatto Baby Jane, 1962, la trama secondo me: ex bambina prodigio, danzerina e canterina, tipo quelli de Il volo ma meno inquietante, la piccola Jane non cresce mai. Invecchia ma rimane incastrata nel ricordo della fama di un tempo, e incastrata in una casa in cui è costretta ad accudire la sorella paraplegica. L’ossessione per il successo infantile si fa perversione e le cure alla sorella diventano un gioco sadico portato fino alle estreme conseguenze… brutta cosa, la vecchiaia, dicono, facciamo che non vi consiglio neppure questa fine, ecco. Ma il film ve lo consiglio eccome! ché è un capolavoro totale, per trama, tensione psicologica, gestione del grottesco e interpretazione.
Perdutamente tua, 1942: figlia bruttina, nubile e attempata di madre intransigente e rompicoglioni a un certo punto si sveglia, compra vestiti nuovi, si rifà le sopracciglia e se ne va in crociera dove conosce un uomo che però è impegnato. Torna a casa, sfancula la madre e continua a uscire col tizio della crociera ma alla fine lo molla perché non è giusto stare insieme. “Non chiediamo la luna, quando abbiamo già le stelle”, gli dice, bellissima con le sue sopracciglia nuove e i vestiti eleganti, e lui è d’accordo.
Ecco questo è il mio ideale. Ho già avuto occasione di dichiararlo: Perdutamente tua è la dimostrazione che anche quando da brutto anatroccolo sbocci e sei capace di migliorarti esteticamente e intellettualmente, sempre sola poi finisci, ma lo decidi tu.
Sarà che a me quella cosa dei fustini non m’ha mai convinto… però, ecco, anche a me piacciono le stelle.
Ho studiato storia dell’arte per il solo gusto di correggere i refusi sui libri. Cucino e mangio molto. Scrivo, perché parlare ininterrottamente non mi bastava.
Ho anche un blog di cucina coerente, La Luisona e la Madeleine.