Spoiler di un film che non ho visto
però ho letto il libro
i libri
tutti e tre
proprio quelli
le Cinquanta sfumature.
Potrei dirvi di averlo fatto per il lol, ma non è vero.
Ero semplicemente curiosa come una scimmia.
E che scusa hai per il secondo e il terzo volume?
Nessuna.
Credo che non serva planare come rondoni dalle vette del Delta di venere per rendersi conto che con le Sfumature ci si sta schiantando al suolo.
Ho letto, ed ecco perché ne parlo qui, che l’autrice, E.L. James, non è soddisfatta del film e che al prossimo giro sarà più presente sul set.
Ma di cosa non sei soddisfatta, cosa, E.L. James? Qualsiasi modifica sia stata fatta alla tua storia, non può aver portato altro che un miglioramento.
Carico di concetti talmente semplici da poter essere letto in un giorno e mezzo, Cinquanta sfumature di grigio ha avuto per me il fascino del gatto morto e non son stata capace di smettere di guardare, anzi leggere. Il secondo l’ho letto perché volevo vedere se peggiorava, e peggiorava, il terzo perché sono cretina, e peggiorava ancora.
Io non so come sia il film, ma è del tutto evidente che il libro sia nato con la volontà di finire al cinema.
La storia è facile: lei si chiama Ana, non scherzo, e fa il mio lavoro dei sogni, cioè vende brugole e vernici.
Proprio come me, un giorno le tocca fare la giornalista pur non essendolo e va a intervistare uno giovane, bellissimo, ricchissimo, coltissimo, intelligentissimo… io ho intervistato Scamarcio, per dire l’abisso, e non mi ha manco guardato languido.
Com’è come non è, lui scopre che lei lavora al Brico e va a comprare fascette stringicavo e lei pensa ma, dovrà tener su il potus… e invece no.
In tutto questo lei è vergine e non sa usare un computer, manco ce l’ha: glielo presta la coinquilina e lei lo trova già acceso e aperto su word, dove suppongo scriva in Comic Sans.
Nessun problema, ci pensa lui che le compra tutti i prodotti Apple in circolazione e nel dubbio anche un Blackberry.
E direi che questo è un passaggio fondamentale, per due motivi.
– I direttori commerciali di Apple, Blackberry, Audi, Twinings in fila davanti alla porta dell’autrice, ciascuno con una carriola di monete d’oro: salve questa è la carriola questa è la marchetta, grazie arrivederci.
– Le pagine e pagine di mail scambiate dai due protagonisti, tutte con intestazione e piè di pagina.
Ed ecco come si riempie un libro grossissimo.
Finalmente fanno cose, le fanno “alla vaniglia” che poi vuol dire noiose, poi lui le dice c’ho le fruste di Moira Orfei e lei dice vabbè frustami, lui lo fa, lei piange, lo molla, finito il film, anzi il libro – che chiaramente vi voglio rovinare sperando di rovinare pure il film.
Promette di essere erotico invece non succede niente che non succeda, che so, nella Casa nella prateria.
Il secondo libro è tutto incentrato sul fatto che tornano insieme; tu pensi dopo mesi, anni… no: dopo cinque giorni.
Ma lui è traumatizzato e le chiede di sposarlo e la fa seguire dalla guardia del corpo e si compra la casa editrice in cui lei va a lavorare, tutto per essere sicuro di non essere mollato di nuovo.
Il sesso è sempre alla vaniglia, cambiano solo le location, e lei passa tutte le quasi 700 (settecento) pagine a dirsi che non è giusto che lui la mantenga, le paghi cene, viaggi e vestiti e palestra e parrucchiere; ma è talmente distratta dai suoi pensieri di suffragetta che non si accorge che per 700 pagine lui paga cene, viaggi, vestiti, palestra e parrucchiere.
Verso la fine riprovano con le frustate e le piace un po’ di più, quindi si sposano.
Il terzo, amici, diventa un noir con tanto di cattivo, rapimento e inseguimenti.
La cosa non migliora in alcun modo la storia. Lei, per lo meno, si dimostra pronta a fare robe più estreme ma lui neanche tanto, tipo: ma come! Grazie all’amore per te mi sto disintossicando dalle manie sadiche e tu adesso c’hai i pruriti?
Però lei è persuasiva e molto elegantemente l’ultimo libro si chiude coi due, genitori di un bambino e con un altro in arrivo, che fanno cose con tanto di scudiscio.
Non so quanto il film sia fedele al libro e non so quindi che cosa vi ho rovinato, spero tutto, ma non è un problema mio. Credo di potermi riscattare ricordando che la nostra protagonista, che racconta la sua favola in prima persona, chiama “lì” qualsiasi area sotto l’ombelico. Lei non usa altre parole, lei dice “Mi tocca lì” per tre libri interi e quando l’area si fa più estesa, fronte e retro, lei continua a dire “lì” ed ecco… mi sembra confuso pure mister Grey.
Ho studiato storia dell’arte per il solo gusto di correggere i refusi sui libri. Cucino e mangio molto. Scrivo, perché parlare ininterrottamente non mi bastava.
Ho anche un blog di cucina coerente, La Luisona e la Madeleine.