Io sono una di quelle persone lì, che pretendono che un film per bambini sia maturo; che non sia poi veramente per i piccoli, insomma.
E non parlo di quella profondità per cui i valori accomunano grandi e piccini. Io voglio proprio che Winnie the Pooh mi piaccia come mi piace Toni Servillo.
Se questo non succede, non sono capace di giudicare il film come inadatto alla mia età, per me è semplicemente brutto.
Ovviamente, qualsiasi starnuto di Miyazaki mi piace esattamente come mi piace Servillo, come mi piace Bette Davis, come mi piace Sean – sono già nuda – Penn. Ma nonno Hayao è uno su un milione.
Di recente ho visto due film molto per bambini, uno l’ho scelto perché mi era piaciuto il capitolo precedente e l’altro perché è ambientato a Londra.
Una notte al museo 3 e Paddington.
Due motivazioni più che sufficienti.
La prima Notte al museo mi era molto piaciuta, dell’esistenza della seconda non devo essermi neppure accorta e sono arrivata direttamente alla terza.
Qualsiasi film, o serie tv, proveniente dall’Inghilterra ha automaticamente il mio favore: mi piace l’accento, mi piace lo stile.
Il film con Ben Stiller non cambia molto le carte: stanno al museo, il fatto che le cose esposte si animino la notte è ormai normale, il testone di Pasqua non ci delude e dice “dum-dum”.
Tutto molto bello poi c’è l’intoppo che rischia di non far più risvegliare le statue, allora tocca andare al British Museum per risolvere, ovviamente risolvono, tanta felicità.
A parte discreti problemi di coerenza, per cui la sospensione dell’incredulità viene messa a dura prova, il difetto fondamentale di questo film sta nelle ripetizioni: ci sono degli sketch troppo lunghi in cui i personaggi ripetono per tutto il tempo la stessa azione, quasi un copia incolla, come quando Peter Griffin non smette più di ridere, tipo.
Ecco, questo è noiosissimo e, non so, magari corrisponde al “bubu settete!” che si fa ai bambini, ma Senti chi parla dovrebbe averci insegnato che è una cosa cretina.
I nostri eroi, come ho detto, finiscono a Londra – cosa che non sapevo prima di vederlo, altrimenti ci sarei rimasta ancora più male – lì pure, ovviamente, le cose esposte al museo prendono vita, però sono tutte cattive e vengono combattute, spesso distrutte.
Anche se non ci si fosse messo di mezzo il Califfato islamico, a distruggere opere d’arte, non avrei vissuto comunque bene una scena del genere, mi sembra anzi proprio sgradevole. Credo che neanche i bambini più piccoli abbiano bisogno di tutto questo slapstick di colpi maldestri per ridere.
E poi, insomma, hai il British Museum a disposizione e non ti viene in mente niente di meglio che rompere cose?
Unico pregio: Hugh Jackman che appare per pochissimi minuti nei panni di se stesso, e chi non vuole bene a Ugo non è amico mio.
Poi è arrivato Paddington, l’orsetto educato.
Non amo moltissimo i pupazzoni, recentemente ho visto Nel paese delle creature selvagge e i mostri trasferiti dalla bella pagina illustrata al live action mi facevano tutti abbastanza impressione, pure un po’ schifo.
Non solo Paddington è un pupazzone, ma è pure orso e io non sopporto gli animali con le orecchie piccole, ma siccome dal Perù va a vivere a Londra, gli ho dato una meritatissima possibilità.
Intanto è un orso col montgomery, il che mi sembra già un validissimo motivo per volergli bene.
E potrebbe essere muto, il film, ma è una gioia assoluta per gli occhi.
Ogni scena ambientata nella casa in cui l’orsetto va a vivere è fatta come un diorama e vorresti essere lì a giocare, a far parte del tableau.
La storia ha anche un suo sviluppo gradevole con una cattivissima Nicole Kidman col caschetto biondo che vuole impagliare l’orso, naturalmente senza riuscirci.
Questo mi rimanda a un altro film per bambini, Pirati! Briganti da strapazzo, in cui il cattivo, si fa per dire, è Charles Darwin che vuole mettere le mani sul pappagallo ciccione di un pirata scarso. L’uccello è in realtà l’ultimo dodo rimasto.
Non è Il settimo sigillo, ma è un buon film da dopopranzo… e il fatto che pure sia britannico è, giuro, solamente un caso.
Ho studiato storia dell’arte per il solo gusto di correggere i refusi sui libri. Cucino e mangio molto. Scrivo, perché parlare ininterrottamente non mi bastava.
Ho anche un blog di cucina coerente, La Luisona e la Madeleine.